Qualche giorno fa abbiamo celebrato la Solennità del Sacro Cuore. Il 2025 è il 350° anniversario di una delle apparizioni a Paray-Le-Monial (1673 – 1689), in cui Gesù chiese, tra l’altro, l’Ora Santa il giovedì sera, per potersi unire alla Sua agonia nell’Orto degli Ulivi. Sapeva che per conoscere il Suo Cuore, dovevamo unirci a Lui in questa terribile agonia. Ma cos’è l’agonia? È il tormento che precede la morte. Il corpo di Gesù agonizzerà sulla croce, ma il Suo Cuore agonizzerà nell’Orto degli Ulivi. “L’agonia del Getsemani è quella del cuore; il sangue che scorre nell’Orto è il sangue che scorre dal cuore”, disse Sant’Alfonso Liguori. Gesù ha affrontato questa prova nella sua sola umanità, senza l’assistenza della sua divinità. È il suo Cuore umano, così buono, così puro, così gentile, che lotterà e sarà schiacciato, motivato solo dal suo amore sconfinato per noi. Questa è la gloria del ‘Sacro Cuore’, ed è per questo che Gesù vuole essere onorato con il suo Cuore umano visibile su statue e dipinti.
La sofferenza di Gesù morente assumerà tre forme particolari: disgusto, disperazione e paura.
Agonia del disgusto. Il Vangelo ci dice che Cristo era disgustato. Infatti, fu in quell’ora che Egli si rivestì dell’ignominia di tutti i peccati del mondo, come se li avesse commessi e ne fosse responsabile. Lui, l’essere più pio, si è visto portare le bestemmie più atroci. Lui, l’essere più caritatevole, si è visto responsabile delle uccisioni più atroci. Lui, l’essere più puro, si è visto impantanato nei più spregevoli peccati della carne. Questo gigantesco abisso tra la Sua santità e la dissolutezza umana che si precipitava su di Lui avrebbe dovuto ucciderlo all’istante (San Tommaso spiegherà che Lui stesso ritardò la Sua morte per andare al sacrificio della croce). Questo disgusto nella Sua agonia è descritto da Sant’Alfonso:
Deve espiare i nostri peccati per nostro conto; deve quindi prenderli su di sé come una veste ignobile trascinata nel fango; deve assumerli e, davanti a Suo Padre, portarne la piena responsabilità come se li avesse commessi lui. Questa è l’ora delle potenze delle tenebre. Gesù è in ginocchio sul terreno pietroso del Giardino dell’Agonia; all’improvviso, dal lontano passato e dal futuro, come l’orizzonte si oscura improvvisamente quando scoppia una tempesta, vede tutti i peccati del passato e del futuro accorrere: lo abbracciano, lo schizzano, lo sommergono, onde orrende e fangose contro le quali non cerca nemmeno di lottare; china semplicemente la testa e arrossisce; è il peccatore, è il peccato.
Oh mio dolce Gesù, in mezzo a questo assalto del male, hai indossato i miei stessi peccati, identificandoli perfettamente. Sì, in quel momento, mi hai visto sporcarti, schiacciarti, farti sanguinare. Oh, possa questa terribile visione di ciò che Le ho fatto personalmente distruggere per sempre il mio orgoglio, in modo che io possa gettarmi umilmente ai Suoi piedi, implorando il Suo perdono.
Agonia della disperazione. Oltre a questo disgusto per Se stesso, c’era un altro dolore. Gli apostoli potevano essere addormentati durante questa agonia, ma Satana no. E avrebbe tentato Nostro Signore di abbandonarlo, mostrandogli l’inutilità del suo sacrificio per milioni di anime che sarebbero comunque andate all’inferno per l’eternità. Questa sensazione di inutilità della sua sofferenza fece soffocare Gesù. La vista di quelle anime che amava che andavano all’inferno Lo gettò in una disperazione che trafisse il Suo Cuore e Gli fece desiderare di fermare tutto. Che senso ha tutta questa sofferenza, visto che è inutile?
“Poi, dal profondo del suo corpo martoriato e stanco, dal profondo della sua anima intrisa di vergogna, sorgono i vili consigli della tentazione. Perché soffrire per cancellare i peccati non commessi? Perché cercare di curare un’anima umana così viziosa che tornerà al male nonostante tutti i dolori del Calvario? E Cristo vede molto chiaramente la perfetta sterilità delle sue sofferenze per innumerevoli esseri! Perché amare così follemente uomini che Lo ignorano e Lo bestemmiano? Perché dovremmo farlo noi? (…) La parte più dura della sua agonia nell’Orto è la certezza che il suo dolore andrà perduto per i dannati e che il suo sangue felice cadrà sul suo sangue: dare il proprio sangue per salvare e, attraverso il proprio sangue, perdere coloro che si amano, questo è il massimo del tormento per il Cuore di Gesù, questo, in fondo al calice, è la feccia che il Salvatore deve bere, più amara della stessa crocifissione”. – Sant’Alfonso de Liguori
Agonia della paura. Gesù vide con grande precisione la tortura che avrebbe subito di lì a poche ore. Vide la tortura della flagellazione – 45 minuti, più di mille colpi che lo avrebbero scorticato vivo e dissanguato – vide la corona di spine che gli sarebbe stata conficcata in testa e lo avrebbe sfigurato, vide l’umiliazione della nudità, vide il ruggito e l’odio della folla contro di lui, vide i chiodi che gli sarebbero stati conficcati nei nervi, vide l’abbandono di Suo Padre. Tutto questo lo sommerse di paura. Una paura umana e gelida di fronte al tormento che sarebbe arrivato. Infine, vide sua Madre ai piedi della Croce, il suo Cuore Immacolato trafitto dal dolore. Di fronte a questa visione, fu inorridito dal fatto di averla causata. Sant’Alfonso descrisse la paura di Gesù con queste parole:
“Per completare la Passione interiore del Salvatore, ecco la paura che lo assale e che, come una bestia braccata da cacciatori e cani, lo fa impallidire, rabbrividire e rannicchiarsi, minuscolo, contro il terreno dove vorrebbe essere inghiottito”.
Di fronte a questa agonia del Cuore di Gesù, potremmo essere tentati di rassicurarci, considerando questo momento come passato e fortunatamente lontano. Ma questa agonia non è finita. Proprio come nella Santa Eucaristia Gesù si offre di nuovo ogni giorno come sacrificio (non cruento) sulla Croce, così i nuovi peccati del mondo prolungano l’agonia di Nostro Signore, perché sono sempre portati da Lui. Un santo sacerdote, Padre Charles Parra, ha scritto :
“Egli agonizza oggi per me sui miei peccati di oggi, che ha conosciuto, nel dettaglio finale, con il loro numero e la loro gravità nel Giardino del Getsemani. I miei grandi peccati e gli altri. Non solo i miei peccati, ma l’intera confusione della mia vita tiepida, ingenerosa, senza fiamma, egoista, pigra, mondana, vuota”.
Se il Sacro Cuore è apparso a Paray-Le-Monial per chiederci di condividere le sofferenze della Sua agonia, non è solo perché quello è stato il momento peggiore di tutta la Sua passione, ma anche perché vuole che vediamo i nostri peccati portati da Lui, che siamo schiacciati nel nostro cuore dal rimorso e che siamo al Suo fianco per riparare associandoci alle Sue sofferenze.
La contrizione per i nostri peccati, frutto di questo mistero, deve essere il primo risultato di questa meditazione. Facciamo attenzione alla mancanza di rimorso, alla compiacenza nel peccato, dicendoci che non è poi così grave e che amiamo comunque Gesù. Questa falsa spiritualità porta a “peccare contro lo Spirito Santo”, che è imperdonabile perché non chiediamo il perdono e Dio non può forzare la nostra libertà. Ecco perché la recente nozione di “misericordia automatica”, che consiste nel credere che il perdono di Dio sia acquisito indipendentemente da ciò che facciamo, è falsa e una terribile trappola. Indebolisce progressivamente la nostra volontà – a che serve sforzarsi, visto che andremo tutti in Paradiso – e ci permette di sprofondare nel peccato con la coscienza pulita. In questo modo, l’anima si dirige gradualmente verso l’inferno senza rendersene conto, il trucco supremo di Satana. Naturalmente, Dio vuole dare la Sua Misericordia a tutti gli uomini, senza eccezioni. Ma non tutti la ottengono, perché questa Misericordia dipende proprio dalla nostra sincera contrizione. Contrizione e Misericordia sono inseparabili. E lo splendore della Misericordia di Dio può essere compreso solo alla luce di ciò che Gli è costato: la terribile agonia del Cuore di Gesù e il Suo sacrificio sulla Croce. San Francesco di Sales spiegherebbe che “tutto l’amore che non ha origine nella passione del Salvatore è frivolo”.
Il secondo risultato di questa meditazione deve essere la contemplazione dell’Amore di Gesù che si offre per noi nell’agonia del Suo Cuore. Tutta la grandezza della Redenzione è espressa qui. Nei Suoi terribili tormenti di agonia nell’Orto degli Ulivi, come sulla Croce, l’Amore indomabile di Gesù per noi è onnipresente e alla base di tutto.
“Nella Redenzione attraverso la Croce, è l’amore che controlla tutto: infinitamente più della soddisfazione della giustizia divina, che vuole che il peccato sia punito, c’è l’Amore di Dio, che vuole che gli uomini, tutti gli uomini, siano salvati. Tutto questo Amore di Dio vibra e palpita nel Cuore di Nostro Signore”.
Sant’Alfonso de Liguori
Sì, il sincero e profondo rammarico per i nostri peccati deve essere seguito da un atto di fiducia nell’Amore e nella Misericordia di Gesù. Gettiamoci piangendo come un bambino nelle braccia amorevoli di Nostro Signore. Allora Lui brucerà tutto il male che gli abbiamo fatto e ci eleverà a Suo Padre.
Per concludere, ripetiamo con Sant’Alfonso de’ Liguori questa preghiera:
“Mio Gesù, quando considero i miei peccati, mi vergogno di chiederLe il Paradiso, dopo avervi rinunciato tante volte in Sua presenza per piaceri indegni e fugaci. Ma quando La vedo legato a quella croce, non posso fare a meno di sperare nel Paradiso, sapendo che ha voluto morire su quel patibolo doloroso per espiare i miei peccati e ottenere per me la felicità celeste che ho disprezzato”.
Autore : Alliance 1ers samedis de Fatima